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Piazzetta Simone Martini, 4 – 50026 San Casciano V.P. (Firenze)

L’ordinario che diventa straordinario: Incontro con Fosca Fusi, memoria viva della Misericordia di San Casciano in Val di Pesa

L’ordinario che diventa straordinario
Incontro con Fosca Fusi

La signora Fosca Fusi, ex volontaria della Misericordia di San Casciano in Val di Pesa, si presenta fin da subito come una donna per la quale la vita quotidiana è fatta di atti semplici ma fondamentali.  Ci racconta una storia che non è fatta appunto di gesti eclatanti, ma di piccole azioni ordinarie che, sommate, diventano straordinarie.

È proprio nella semplicità del suo racconto che si ritrova l’essenza del volontariato: una presenza costante, silenziosa, ma indispensabile.

Fosca ricorda un tempo in cui “non c’erano le divise che ci sono oggi”. “Quando c’è lo spirito non è l’abito a fare il monaco”. 

E quello spirito — di servizio, di comunità, di fede — permeava ogni gesto, ogni turno, ogni chiamata improvvisa.

Nel corso degli anni, anche la Confederazione Nazionale delle Misericordie è cambiata, adeguandosi alle nuove esigenze e normative. Fosca riconosce i progressi, ma con un velo di nostalgia ammette che oggi “c’è troppa burocrazia”.
Un tempo, dice, il valore era anche nella voglia di stare insieme, nella spontaneità, nel sentirsi parte di qualcosa che univa. San Casciano era diversa, più raccolta, più comunitaria, e la Misericordia rappresentava un punto di riferimento per tutti e un luogo dove trovarsi, reso ancora più piacevole dal pensiero di stare facendo qualcosa di utile.

I servizi sanitari di allora erano semplici, spesso improvvisati. Meno mezzi, meno tecnologie, ma tanta disponibilità. “Capitava di lavorare anche a Natale”, racconta Fosca, ricordando un 25 dicembre in cui partì senza esitazione per un’emergenza: “Se c’era bisogno, si andava. Era naturale.”

La formazione era tutta pratica: si imparava osservando, facendo, sbagliando.

Non esistevano corsi formali o attestati, ma il passaggio di testimone in termini di esperienze e conoscenze avveniva da volontario a volontario. “La parola chiave era tramandare”, dice Fosca, con l’orgoglio di chi ha ricevuto e poi trasmesso un sapere costruito sul campo.

Il suo racconto è attraversato da un rapporto sereno con la malattia e con la fragilità della vita, vissute con fiducia e spirito di fede.

Le cose accadono e basta — ci dice — e con la fede si va avanti.”

 Quella fede che l’ha accompagnata in ogni esperienza e che dava senso alla sua vita, le  dava la certezza di riuscire a superare i momenti più difficili. 

Con l’introduzione del limite d’età anagrafico, Fosca ha dovuto interrompere il servizio attivo, la Misericordia però resta una parte viva della sua quotidianità.

Abitava a pochi passi dalla sede: “Se squillava il telefono, andavo.”

Una frase che racchiude l’essenza del volontariato di quegli anni: L’impegno e  l’attività, oltre la sfera lavorativa,  erano una presenza costante, senza orari, senza condizioni. 

Tra i ricordi che riaffiorano, c’è un giorno del 2010: un venerdì di neve, quando serviva portare un paziente in dialisi. “Era tutto bianco, abbiamo messo le catene, l’autostrada era bloccata, siamo tornati a casa la sera tardi, dopo sei ore. Un’avventura incredibile.”
Un episodio semplice, ma emblematico del modo in cui l’ordinario — un trasporto, un turno, una giornata qualsiasi — può diventare straordinario per la dedizione che lo anima.

Parlando del presente, Fosca riflette con una certa amarezza sull’evoluzione della società: “L’arzigogolo del mondo moderno ha guastato lo spirito.”

Oggi, spiega, molti si limitano all’indispensabile, mentre un tempo il servizio era “tempo aggiunto alla vita”, qualcosa che si faceva con gioia. 

Ricorda con affetto la festa patronale della Madonna del Rosario, preparata e vissuta da tutti i volontari. “Si andava porta a porta a chiedere le offerte per la Misericordia. Era una festa sentita, un momento di comunità vera.”

Oggi, dice, c’è meno spirito di gruppo, e meno impegno collettivo. Ma nonostante tutto questo è convinta che le cose possano cambiare. Una speranza che in fondo non smette di immaginare un futuro diverso. 

Quando le chiedo cosa direbbe a un giovane che vuole avvicinarsi alla Misericordia, risponde senza esitazione: “Devi sentirla dentro quella leva. Non è uno status, è voglia di donarsi agli altri.”

Per lei, il volontariato nasce da un impulso interiore, da quella cultura della cura che parte dal domestico e si allarga al mondo esterno.

Quando le chiedo un parere su una questione molto discussa oggi, quella della parità di genere nel volontariato, ovvero se c’è un “modo femminile” di fare e vivere la Misericordia, Fosca sorride e il suo sorriso ci fa venire in mente che la questione di genere è ancora un percorso lungo da compiere.

Non ha bisogno di grandi definizioni o rivendicazioni: “Quando c’è la cultura dell’inclusione, non serve etichettare”. 

Per lei, il rispetto e la collaborazione erano e sono naturali, nati dal fare e dallo stare insieme.

Le sue parole, asciutte e sincere, raccontano più di molti discorsi teorici: parlano di un’uguaglianza vissuta oltre che proclamata.

Fosca Fusi è la voce di un volontariato che non ha bisogno di clamore.

La sua testimonianza ci ricorda che il vero cambiamento nasce nella costanza dei piccoli gesti, nella fedeltà silenziosa a un impegno quotidiano.

È lì che l’ordinario diventa straordinario.